Dal cambiamento climatico alla biodiversità a rischio: la salute del Pianeta ha più di un grattacapo. Facciamo il punto nella Giornata mondiale della Terra.
Come ogni anno dal 1970 a questa parte, il 22 aprile si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale della Terra, dedicata all’ambiente e alla salvaguardia del nostro Pianeta. Si tratta in realtà di un’idea nata già negli anni Sessanta, proposta da ambientalisti e attivisti, sancita successivamente dalle Nazioni Unite. Perché proprio il 22 aprile? Si scelse di celebrare la Terra in questa data semplicemente perché cade un mese e un giorno dopo l’inizio della primavera dell’emisfero settentrionale.
OPPORTUNITÀ. La Giornata mondiale della Terra è l’occasione per fare il punto sulla salute del Pianeta, su cambiamento climatico e inquinamento (dell’aria, dell’acqua e del suolo), sullo stato degli oceani e degli ecosistemi, ma anche per tracciare un bilancio sulle risorse energetiche non rinnovabili.
E secondo un documento pubblicato dal WWF (“Giornata mondiale della Terra 2022: un pianeta in bilico”) la nostra povera Terra non se la passa benissimo: tre quarti della superficie terrestre non coperta da ghiaccio sono stati significativamente alterati, gran parte degli oceani è inquinata e oltre l’85% delle zone umide è andata perduta. Le specie attualmente minacciate di estinzione sul pianeta sono circa 1 milione. Il tasso di estinzione di specie animali e vegetali è 1.000 volte superiore a quello naturale.
IL PREZZO DELL’AGRICOLTURA. I dati dell’ultimo Living Planet Report (un indice che “fornisce una misura dei cambiamenti nella biodiversità”) ci mostrano una significativa diminuzione della biodiversità: 68% è il calo medio delle popolazioni di vertebrati negli ultimi 50 anni. Circa il 25% delle 93.579 specie per le quali viene valutato lo status di conservazione (inserite nella Lista rossa IUCN), è al momento minacciato di estinzione. Le cause? Il fattore principale di rischio per la biodiversità è il cambiamento nell’utilizzo del suolo, in particolare la trasformazione di habitat incontaminati in sistemi agricoli: oggi l’agricoltura “occupa” il 40% della superficie terrestre, ed è alla base di quasi un quarto delle emissioni di gas serra.
A farne le spese sono soprattutto degli ecosistemi forestali, che ospitano l’80% della biodiversità terrestre: a partire dagli anni Duemila è andata persa una superficie forestale globale al ritmo di circa 10 milioni di ettari l’anno. In particolare, tra luglio 2020 e luglio 2021 la deforestazione in Amazzonia è aumentata del 22% rispetto all’anno precedente.
ANIMALI E NON SOLO. Ma le conseguenze non si limitano a una diminuzione della biodiversità e a una minaccia per tante specie vegetali e animali (leoni, elefanti, tigri, ma non solo: il 40% delle specie di insetti è infatti minacciato, inclusi molti impollinatori): un recente studio ha mostrato come almeno una parte della foresta Amazzonica – che per decenni ha svolto un ruolo decisivo al fine di assorbire anidride carbonica dall’atmosfera – stia addirittura emettendo più carbonio di quanto ne assorba, a causa della deforestazione e del cambiamento climatico, e la conseguente intensificazione stagione secca e degli incendi. Questo, si legge nel documento del WWF, finisce per provocare una riduzione della capacità di fotosintesi e un aumento della mortalità degli alberi e dunque delle emissioni. Si stima che in queste zone le emissioni di anidride carbonica superino l’assorbimento per una quantità pari a 1 miliardo di tonnellate l’anno.
L’aumento a livello globale dei “mega-incendi” (conseguenza di lunghi periodi di siccità) è ormai una costante degli ultimi anni, sia in America che in Europa (Grecia, Spagna, Italia), eppure uno dei più violenti incendi degli ultimi decenni è quello che ha colpito l’Australia nel 2019, che provocò la perdita di 8,5 milioni di ettari di foreste e (si stima) circa un miliardo di vertebrati.
COL GHIACCIO NON VA MEGLIO. E anche dove la superficie del Pianeta è ancora coperta da ghiaccio, le cose non vanno meglio. Un perfetto testimonial della drammaticità della situazione è la Groenlandia: secondo una ricerca pubblicata su Nature Communications i 3,5 miliardi di miliardi di tonnellate di calotta glaciale scioltisi nell’ultimo decennio hanno alzato il livello degli oceani di un centimetro e stanno aumentando i rischi di alluvioni in tutto il mondo.
La calotta glaciale in cima all’isola più grande del Pianeta contiene abbastanza acqua ghiacciata da sollevare gli oceani di circa sei metri. E vale la pena ricordare come negli ultimi 40 anni gli eventi durante i quali si è avuta una fusione estremamente veloce di alcuni ghiacciai siano diventati molto più frequenti. Secondo lo studio, il deflusso dell’acqua di fusione della Groenlandia è aumentato del 21 per cento negli ultimi quattro decenni e – prendendo in considerazione l’ultimo decennio – in sole due estati (2012 e 2019) è andato perso un terzo del ghiaccio totale.
Fonte: Focus