Tale assegno unico viene definito nella legge 46/2021, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale numero 82 del 6 aprile 2021 (LEGGI), che delega il governo ad adottare uno o più decreti legislativi volti a “riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l’assegno unico e universale”.
Secondo quanto si legge nell’articolo 1 della legge, “al fine di favorire la natalità, di sostenere la genitorialità e di promuovere l’occupazione, in particolare femminile, il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro con delega per la famiglia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, uno o più decreti legislativi volti a riordinare, semplificare e potenziare, anche in via progressiva, le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l’assegno unico e universale”.
COS’E‘ – Consiste in un assegno mensile a tutte le famiglie che hanno un figlio fino a 21 anni a carico. Dovrebbe avere un valore massimo di 250 euro, in base all’Isee, ed è composto da un valore fisso e uno variabile al variare del reddito complessivo della famiglia.
A CHI SPETTA – Il beneficio verrà attribuito a lavoratori dipendenti, autonomi o incapienti. Possono fare richiesta tutte le mamme dal settimo mese di gravidanza. Dai 18 anni di età, inoltre, una somma ridotta rispetto all’assegno potrebbe essere accreditata direttamente al figlio se: è iscritto all’università; è un tirocinante; è iscritto a un corso professionale; svolge il servizio civile; svolge un lavoro a basso reddito.
PROPOSTA CISL – Sul tema del nuovo assegno unico arriva poi una proposta presentata nei giorni scorsi dalla Cisl, il cui costo è valutato dallo stesso sindacato intorno ai 20-21 miliardi di euro: un assegno minimo uguale per tutti di 800 euro per ogni figlio minorenne, 67 euro circa al mese, che potrà essere incrementato di ulteriori 1.600 euro fino ad arrivare ad un sostegno complessivo di 2.400 euro all’anno, 200 euro al mese, per i redditi più bassi.
A percepire l’assegno più alto, dunque 2.400 euro all’anno a figlio, circa il 20% delle famiglie italiane mentre a poter disporre di un ‘sostegno’ di soli 800 euro all’anno i redditi familiari più elevati, quel 10% con un Isr sopra gli 80mila euro all’anno. La restante parte, circa il 70% delle famiglie, riceverà un assegno compreso tra questi due estremi (800 e 2.400 euro) in base alla propria situazione reddituale.
ISEE – Per misurare il livello di reddito però la Cisl non prevede l’impiego dell’Isee, che distorcerebbe le condizioni di partenza delle famiglie, ma quello dell’Isr contenuto nello stesso Isee che avrebbe “il vantaggio di fornire una misura onnicomprensiva della situazione reddituale familiare, tenendo conto di alcune spese rilevanti attraverso specifiche detrazioni”.
In questo modo, dicono le simulazioni contenute nel Rapporto, facendo riferimento ad una famiglia con 2 figli minori di due lavoratori dipendenti con lo stesso reddito da lavoro, per un reddito familiare di 20.000 euro all’anno si passerebbe dagli attuali 3.500 euro annui a 4.800; per un reddito familiare di 40.000 euro invece l’importo del sostegno passerebbe da poco meno di 2.500 a 3.900 euro; a 60.000 euro di reddito familiare da lavoro l’importo annuo passerebbe da circa 1.900 euro a 2.400 euro.
FAMIGLIE NUMEROSE – Il disegno della Cisl prevede anche maggiorazioni annue per le famiglie numerose (+800 euro per ogni figlio oltre il secondo), per i figli disabili (dal +30% al +50%) e per le famiglie con madri al di sotto dei 21 anni (+1.000 euro). Per i figli maggiorenni con un’età inferiore a 21 anni, che rispondono ai requisiti definiti nella Legge delega, l’importo dell’assegno è dimezzato.
La proposta per un nuovo assegno unico prevede anche una seconda ipotesi : quella di concedere una maggiorazione della parte variabile per il secondo coniuge lavoratore (+500 euro annui), per ridurre l’eventuale disincentivo al lavoro, compensata da un sostegno minore per coloro che oggi non ricevono alcuna prestazione.