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IL DIRETTORE RACCONTA di Raffaella Campagna / CHIERI fra arte e storia…/ Alla scoperta dei mille splendidi volti di Chieri

Chieri, a ridosso delle morbide colline torinesi, a 15 chilometri dal capoluogo piemontese mostra al turista una perfetta fusione fra Medioevo e Barocco, una storia ricca di importanti testimonianze artistiche, di illustri personaggi, primo fra tutti Don Bosco (che qui passò i dieci anni fondamentali per la sua formazione religiosa), di curiosità e di grandi eccellenze enogastronomiche.

Chieri, la Città dalle 100 Torri, ha conservato nei secoli la struttura tipica medievale: dalla Rocca di San Giorgio (castrum dell’anno 1000), si sviluppano a cerchi concentrici le contrade, testimonianze degli ampliamenti della cinta muraria.

Le testimonianze più remote risalgono alla fine del II sec. a.C. con l’occupazione romana; Carreum Potentia venne citata, come fiorente centro commerciale ed agricolo, da Plinio nella sua Historia Naturalis.

Seguì un lungo periodo di crisi, dal IV al X secolo, tormentato dalle invasioni barbariche; il fiorente centro romano divenne un semplice villaggio: curtis Cari.

Chieri rinasce intorno all’anno 1000 ad opera di Landolfo, Vescovo di Torino, che l’incluse nei suoi possedimenti e ne fortificò il castello.

L’importanza di Chieri crebbe grazie alla borghesia ricca e cosmopolita che diede alla città una notevole spinta economica ed una forza politica che ottenne l’autonomia ma costò ai chieresi l’ira del potente Federico I, il quale, nel 1155, incluse Chieri nelle città ribelli e la diede alle fiamme.

Il territorio del Comune di Chieri si allargò fino all’attuale Pino Torinese, ai confini di Poirino, da Villastellone fino a Castelnuovo Don Bosco (comune a 25 km da Asti); i signorotti dei vari luoghi giuravano fedeltà al Comune e questi ne garantiva la protezione.

E’ questo il periodo di grande ricchezza economica, di commerci ed intensi rapporti culturali con il Nord Europa: Chieri è un grande cantiere caratterizzato dal sorgere di stupendi edifici ecclesiastici e laici.

Chieri è libero Comune dal 1238 al 1347, quando divenne un Comune vassallo sotto il dominio dei Savoia.

Con i suoi 6.500 abitanti già nel 1337, Chieri è più grande, popolata e potente di Torino e tale resterà fino alla fine del 1500.

Nel 1616 Chieri contava 9672 abitanti ma, la tremenda peste del 1630, uccise quasi metà della popolazione; inizia un grave declino economico della città.

Nel 1700 Chieri iniziò la sua rinascita economica basata sulla tessitura ed orticultura.

Molti monumenti vennero creati ed altri rinnovati in questo periodo, grazie al genio di due grandi architetti chieresi: Bernardo Vittone e Mario Ludovico Quarini.

Chieri è celebre per la sua antica tradizione tessile che iniziò a svilupparsi nel 1400 e si consolidò con la costituzione dell’Università del Fustagno nel 1482.

Nacque un tessuto in cotone, molto robusto, a doppio diritto tinto di blu con le foglie dell’Isatis Tinctoria o Gualdo; il tessuto ricorda molto il celebre tessuto jeans.

Successivamente si affermarono la coltivazione e la lavorazione della canapa e del lino, l’allevamento dei bachi da seta e la lavorazione del filo di seta.

Nel 1800 prevalse la lavorazione del cotone e si ebbe, con l’introduzione del telaio Jacquard, una grande rinascita economica del tessile.

Le stoffe chieresi si diffusero in tutta Europa: tende, tovaglie, copriletti….

Ancora oggi si produce la celebre tela Bandera, tessuto in cotone che supporta il ricamo nato in Piemonte a fine 1600 e, fortunatamente, ritornato in auge grazie a tante associazioni che organizzano vere e proprie scuole di ricamo.

Questa interessante avventura è documentata nel Museo del Tessile, allestito nel cuore della Città, nell’ex monastero di Santa Chiara. In mostra telai in legno perfettamente funzionanti, orditoi, il reparto tintura e tanti campionari di tessuti prodotti a Chieri.

Non bastano certo quattro passi per esplorare il Centro Storico di Chieri, ma per un primo approccio è fondamentale passeggiare nella centralissima Via Vittorio Emanuele II (Via Maestra) che unisce idealmente il convento di Sant’Antonio con quello di San Domenico e mostra ricordi di maestose residenze nobiliari del ‘400, testimonianza della ricchezza della classe mercantile chierese, caratterizzate dalla rossa colorazione d’argilla e dalle raffinate strutture decorative gotiche visibili nel complesso del Ghetto Ebraico.

Urbanisticamente Chieri ha conservato, come Saluzzo e Mondovì, la struttura di Comune medievale: dalla rocca centrale (il castrum) si dipartono a cerchi concentrici le contrade che corrispondono ai successivi ampliamenti della cinta muraria.

Il nostro tour parte proprio dalla rocca dove scopriamo la Chiesa di San Giorgio e la Torre Civica simbolo della Città.

Se la giornata è limpida il panorama è mozzafiato: la chiocciola di via San Giorgio con gli edifici medievali in rosso cotto; lo sguardo accarezza l’Arco, San Filippo, l’imponente struttura gotica della Collegiata, San Bernardino e la sua maestosa cupola ed il complesso di San Domenico, per poi perdersi fra le colline…

Fabbriche con le caratteristiche ciminiere ci ricordano il glorioso passato tessile di Chieri: l’ex cotonificio Vergnano, gioiello liberty del 1907, ora è un centro commerciale.

Il complesso del celebre Cotonificio Tabasso, una delle grande tessiture cittadine, nota per aver fornito le bianche stoffe per gli abiti del Papa Giovanni Paolo II, dopo la chiusura, alla fine del 1900, diventa polo culturale di Chieri.

La Chiesa di San Giorgio venne consacrata nel 1441 e finanziata dalla potente famiglia dei Villa; poco si sa della chiesa preesistente: documenti dal 1349 al 1359 attestano la presenza di una chiesa.

Nel 1145, una bolla papale fa riferimento ad una cappella nei pressi del castrum (presente già dal 1037).

L’impianto gotico a tre navate è quello che vediamo ancora oggi ma con pesanti rimaneggiamenti a metà ‘700 ed a fine ‘800.

La facciata barocca forse è opera del chierese Bernardo Vittone mentre, a fine ‘800 subì restauri, come tante chiese piemontesi, in gusto neogotico con capitelli dorati, le volte con il cielo stellato…

Ci accoglie, entrando a destra, l’imponente campana in bronzo datata 1455.

Era collocata nella Torre Civica (erroneamente chiamata campanile di San Giorgio), simbolo della libertà comunale di Chieri fra il 1000 ed il 1100. La Torre, che ancora oggi mostra fiera lo stemma cittadino, venne coperta, nel 1676, con una struttura in latta a forma di pagoda.

La campana è fra le più antiche del Piemonte e, nel 1912, si fessurò e non venne più utilizzata; nel 2018, durante lavori di restauro, è stata realizzata una struttura ad hoc che suggerisce il “castello” delle campane presente nella Torre.

La nascita della campana è legata ad un periodo di grave pestilenza e presenta la seguente iscrizione:

“Nell’anno del Signore 1455, Giorgio voce di Cristo, rivolge la sua intenzione santa e spontanea in onore di Dio padre per la liberazione della patria. Il podestà fece scrivere”.

I tre sigilli sotto l’iscrizione recano il leone presente nello stemma di Chieri. La scritta recita: Sigillum Comunis Cherii.

Il suono di questa campana dava l’avvio alle adunanze del consiglio cittadino, come dispongono gli statuti civili del Comune di Chieri del 1311.

La chiesa conserva importanti tele di Guglielmo Caccia detto Moncalvo (1568-1625): interprete della pittura della Controriforma, abitò a Chieri e realizzò affreschi per San Domenico e tredici tele conservate ancora oggi in alcune chiese cittadine. Moncalvo operò a fine 1500 in Piemonte e Lombardia.

Venne soprannominato il Raffaello del Piemonte e celebri sono le sue Vergini in blu e rosa ed i suoi putti ammiccanti.

Il pittore aprì a Moncalvo, in un edificio di sua proprietà, un convento delle Orsoline per quattro sue figlie, tra le quali vi era Orsola Maria Caccia che rimase nel convento fino alla sua morte avvenuta nel 1676. Orsola Maddalena seguì le orme del padre, diventando una valente pittrice.

La chiesa ospita le seguenti tele del Moncalvo: L’Eterno Padre (1607), Cristo risorto fra San Francesco e Santa Chiara e La strage degli innocenti di Orsola Maria Caccia (1630).

Degno di nota il reliquiario trecentesco in argento dorato che rappresenta la testa di San Giorgio, patrono cittadino con la Madonna delle Grazie, e contiene un frammento di osso.

Scendendo dalla Rocca di San Giorgio percorriamo le vie della chiocciola fra antichi e suggestivi edifici e tracce di imponenti torri e raggiungiamo la centralissima Via Vittorio Emanuele II, l’antica Via Maestra.

L’importante arteria cittadina, pedonalizzata, è anche il cuore dello shopping. Qui e negli isolati adiacenti si raccolgono i segni più interessanti dell’architettura chierese, un insieme insolitamente efficace per la comprensione delle strutture urbane nel Piemonte tardo medievale.

Alla ricchezza del gotico si affianca quella degli edifici del ‘600 e ‘700 e, unica testimonianza del Rinascimento, è l’Arco Trionfale (a metà di Via Vittorio) che si affaccia sull’antica piazza delle Erbe (ora piazza Umberto I). Eretto nel 1580 per il passaggio della coppia sabauda Carlo Emanuele I e Caterina di Spagna. L’Arco, molto simile a quello di Savigliano, venne rinnovato nel 1761 da Bernardo Vittone.

A pochi metri dall’Arco incontriamo l’imponente struttura, fine 1600, in laterizio, di grande effetto scenografico della chiesa di San Filippo Neri; suggestiva la facciata di fine ‘700 opera del chierese Mario Lodovico Quarini. La chiesa è collegata con il convento che, dal 1829, ospitò il Seminario arcivescovile: qui studiarono Giovanni Bosco e Giuseppe Cafasso.

Fra gli edifici civili del centro non possiamo dimenticare il Ghetto degli Ebrei: le raffinate dimore che, nel 1400, testimoniavano il potere delle famiglie dei Solaro e dei Villa.

L’intero isolato, nonostante le tante trasformazioni, conserva ancora i segni del Medioevo: i Solaro, di origine astigiana, arrivarono a Chieri agli inizi del 1300 e nel loro palazzo di Via della Pace, 8 dimorò, nel 1494, Carlo VIII di Valois, re di Francia, in transito verso la fallimentare conquista del Regno di Napoli.

Anche i Solaro finanziarono l’impresa di Carlo VIII…finendo sul lastrico! Le loro eleganti case svendute, divennero, a metà del 1500, dimora delle truppe francesi e Ghetto dal 1724.

Un accurato restauro ha portato in luce il rosso cotto, le belle finestre gotiche e l’elegante cortile con la scala, al civico 10.

Fra gli edifici del Ghetto, ricordiamo la famosa Casa del Rabbino, copiata da Alfredo D’Andrade nel Borgo Medievale di Torino, un magnifico falso storico progettato per la grande Expo Internazionale del 1884.

A pochi passi dal Ghetto sorge l’imponente struttura del Convento e Chiesa di San Domenico.

Forse opera dello stesso San Domenico, giunto a Chieri nel 1220. La data di costruzione della chiesa non è documentata, si ipotizza all’inizio del 1300 e consacrata nel 1388.

Rispetta la pianta a croce latina con tre navate, tipica degli ordini mendicanti.

Il campanile, con i suoi 52 metri, è il più alto della Città.

La chiesa ebbe varie trasformazioni: le cappelle laterali nel 1400, le volte fra il 1486 ed il 1660 e conobbe il triste periodo napoleonico con la soppressione degli Ordini religiosi del 1802.

Il convento divenne un ospizio per religiosi, poi collegio, caserma e riformatorio.

Bisogna attendere il 1871 per vedere il ritorno definitivo dei frati domenicani.

La chiesa ci accoglie con il suo maestoso portale e con tante testimonianze pittoriche del Moncalvo: La Madonna del Rosario, cara a Don Bosco, l’abside con gli Evangelisti ed i santi dell’Ordine domenicano.

Purtroppo la volta e le colonne mostrano le classiche tinteggiature di fine ‘800: il cielo blu stellato ed i fascioni sulle colonne.

Di grande interesse è l’affresco miracoloso della Madonna del Latte (entrando sul primo pilastro a sinistra); la raffinata Madonna trecentesca con manto blu e tracce di foglia d’oro venne sfregiata da un eretico (sono ancora presenti i segni della lama che colpì Maria al collo) e dalla ferita sgorgò sangue.

A poca distanza da San Domenico troviamo l’altro monumentale tesoro gotico chierese: la Collegiata di Santa Maria della Scala, chiamata erroneamente Duomo, annoverata fra le chiese medievali più grandi e più importanti del Piemonte, prezioso scrigno di tesori artistici, come il maestoso coro ligneo di fine ‘400, le importanti pale d’altare, e la cripta dell’anno 1000.

Ci accoglie una vera pinacoteca con opere comprese fra il 1300 ed il 1980.

La facciata è dominata dalla raffinata ghimberga con la copia della Madonna del melograno (l’originale è all’interno del Battistero) e l’interno mostra i restauri neogotici di fine ‘800 che celano il rosso cotto tipico della Chieri medievale.

Nella prima cappella a sinistra ammiriamo l’opera più recente e curiosa: il ricordo della visita (nel 1988) di Giovanni Paolo II a Chieri in occasione del centenario della morte di don Bosco: la tela di Luigi Benedicenti mostra i giovani chieresi, con il classico look anni ’80, che offrono al papa i prodotti chieresi: uva, frutta e la bianca stoffa per gli abiti del pontefice.

La cappella progettata dal Vittone, ospita la statua secentesca della Madonna delle Grazie, patrona della Città e molto cara ai chieresi ed al giovane don Bosco che qui celebrò le sue prime messe. La cappella ricorda il voto fatto in occasione dell’epidemia di peste del 1630.

La statua di Maria ha un grande corredo di gioielli e manti preziosi, realizzati con le celebri stoffe chieresi.

L’Altare maggiore è dominato da un crocifisso ligneo del ‘400 e dallo splendido coro ligneo di fine 1400.

La cripta, sotto l’Altare maggiore, anteriore all’anno 1000 è il nucleo originario della chiesa attuale; conserva tracce di affreschi e le tombe della famiglia Balbo.

Interessante anche la Cappella Gallieri, alla base del campanile; interamente affrescata, nel 1400, con la vita di San Giovanni Battista. Interessante la scena del banchetto di Erode con una tavola riccamente imbandita, forse sono rappresentati anche i grissini rubatà, e personaggi in abito medievale.

Celebre è il suo Battistero ottogonale romanico, edificato in due fasi: intorno all’anno 1000 e poi sopraelevato nel 1400 durante la ricostruzione della chiesa.

Nel sottosuolo si trovano le tombe, tratti di muratura romana e tracce del primo fonte battesimale a immersione.

Il tesoro del Battistero è rappresentato dal ciclo di affreschi della Passione secondo San Giovanni, opera del chierese Guglielmetto Fantini, allievo di Jaquerio (vedi gli affreschi in Sant’Antonio di Ranverso a Buttigliera Alta).

Quindici scene raccontano, a chi non sapeva leggere e scrivere, i vari momenti della dolorosa Passione di Gesù; Fantini si sofferma in singolari dettagli, gli abiti medievali ed i volti incredibilmente espressivi.

Il Battistero conserva la splendida statua della Madonna del Melograno, capolavoro indiscusso d’arte fiamminga del primo‘400. Fino al 1981 svettava nel centro del portale della Collegiata; ora, dopo un attento restauro, è qui protetta. Forse è opera dello scultore Jean de Prindall, al servizio del duca sabaudo Amedeo VIII, agli inizi del ‘400. Commovente il volto di Maria che cerca di togliere dalle manine del piccolo Gesù il frutto del melograno: il colore rosso dei semi ricordano la passione di Cristo.

Il Battistero, dal 1432, divenne patronato della potente famiglia Tana: Marta Tana, dama favorita della regina Elisabetta di Valois e moglie di don Ferrante Gonzaga, è la madre di san Luigi Gonzaga.

Lo stemma a sei stelle dei Tana campeggia nel fonte battesimale in pietra, datato 1503.

La Pala Tana, dipinta da Francesco Berglandi e da Gomar Daver, ricorda il cavaliere Tommaso Tana morto nella battaglia navale di Rodi (1503) contro i turchi.

Un’altra importante testimonianza artistica è la chiesa barocca di San Bernardino che domina piazza Cavour: un prezioso scrigno di importanti opere artistiche, nobilitata dal gioco prospettico, altamente scenografico, della cupola realizzata dal Vittone nel 1740.

La facciata neoclassica è opera del chierese Mario Lodovico Quarini.

Costruita per ospitare la Confraternita laica del Santissimo Nome di Gesù, che ancora oggi ha in carico la chiesa, conserva la spettacolare e luminosa cupola capolavoro di Vittone, allievo di Juvarra; il rimando alla Basilica di Superga è obbligatorio.

Il Vittone alleggerisce i muri non portanti per dare sfogo alla luce, creando una particolare luminosità diffusa, dovuta anche all’apertura del lanternino al centro della cupola.

Nel 1840 la chiesa acquisì anche il patronato di San Rocco e la splendida tela del Moncalvo: “Incoronazione della Vergine tra i Santi Giorgio, Guglielmo, Rocco e Sebastiano” (prima cappella a destra).

Moncalvo era solito connotare le sue tele con chiari riferimenti alla città committente: in questa tela, ai piedi della Vergine, vediamo la Chieri di fine 1500 con i bastioni, le torri, le chiese e la Rocca di San Giorgio.

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